I prestiti personali crescono ma cambia la spesa delle famiglie
10 gen 2018 | 3 min di lettura | Pubblicato da Franco C.
Nuove voci fra le spese delle famiglie italiane
La buona stagione dei prestiti personali non conosce sosta. Secondo l’ultimo rapporto dell'Abi, i prestiti a famiglie e imprese aumentano dell'1,3% su base annua e prosegono la corsa, con un tasso di crescita annuo su valori positivi da 22 mesi. Altro dato confortante, sempre secondo l'Abi: cresce la qualità del credito, con le sofferenze nette che, a novembre, si sono attestate a 66 miliardi di euro, in linea con i 65,7 miliardi di ottobre, ma soprattutto in forte calo rispetto agli ultimi mesi del 2016, in riduzione di quasi 23 miliardi di euro. Le notizie meno buone, invece riguardano il budget di spesa che gli italiani sono disposti a mettere in campo in momenti come questi, con l'inizio della stagione dei saldi invernali.
Budget costante in dieci anni. Stando ai dati Istat elaborati dall'AdnKronos, negli ultimi anni la spesa che le famiglie italiane dedicano all'abbigliamento è crollata del 24,8%, mentre acquista sempre più peso la voce costo della casa, che sale del 19,3%. I dati Istat e Adnkronos, insomma, attestano i cambiamenti nella capacità di spesa spicciola degli italiani da dieci anni a questa parte. Confrontando le liste degli acquisti del 2006 con quelle attuali, si notano parecchie variazioni all'interno di un saldo rimasto praticamente inalterato: dai 2.461 euro del 2006, il budget medio mensile di ogni famiglia ai nastri di partenza dei saldi invernali è stato, nel 2016, di 2.524 euro, solo 63 euro, ossia il 2,6%, in più.
Cambia la spesa: più frutta e verdura, meno carne e pesce. Il comparto cibo rimane pressoché costante negli anni, passando dai 467 euro del 2006 agli attuali 448 euro, con un calo del 4,1%. Cambia però negli anni la spesa delle famiglie italiane: la voce frutta e verdura, infatti, sale del 21,4% (da 84 euro a 102 euro), la carne scende del 12,3% (da 106 euro a 93 euro). In calo del 9,4% il consumo di latticini e uova (da 64 euro nel 2006 a 58 euro nel 2016) e, del 14,3%, la quota destinata ai prodotti ittici (da 42 euro è arrivata a 36 euro).
Si spende di più per il non alimentare e per la salute. Cambia radicalmente invece il quadro delle uscite per beni non alimentari, passate da 1.994 euro a 2.076 euro, il 4,1% in più. In controtendenza, in questo segmento, la quota destinata all'acquisto di vestiti e scarpe, scesa da 157 euro a 118 euro, 39 euro di meno al mese, corrispondenti a un taglio annuale di 468 euro. Cresce invece la spesa per la salute che passa dagli 86 euro del 2006 agli attuali 114 euro, in rialzo del 32,6% nel decennio. Crollano del 25,1% in dieci anni le uscite della voce trasporti: da 362 euro passano a 271 euro. Si riduce ulteriormente la quota (già risicata) destinata all'istruzione, che da 27 euro arriva a 14 euro (-45,4%). Aumentano del 17,1% invece le uscite destinate a tempo libero e cultura: nel 2006 erano 111 euro oggi sono arrivate a 130 euro.
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