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Gender Pay Gap: in Italia è ancora un problema

17 lug 2019 | 3 min di lettura | Pubblicato da Franco C.

gender pay gap in italia e ancora un problema

Molto rilevante la differenza retributiva tra i due sessi

La differenza di trattamento economico fra uomini e donne continua a essere troppo rilevante. Lo dice il Gender gap report 2019 curato dall'Osservatorio JobPricing con Spring Professional: in Italia, a parità di lavoro col collega uomo, sostiene il report, una donna è come se cominciasse a guadagnare a partire dalla seconda metà di febbraio. Uno spiraglio di ottimismo arriva dai dati del periodo che va dal 2016 al 2018, durante il quale la differenza retributiva è diminuita del 2,7%. Resta comunque ampio, secondo il rapporto, il gap di retribuzione tra i due sessi: 2.700 euro lordi, col 10% che va a favore degli uomini. Valori che, secondo Eurostat, posizionano l'Italia, nel settore privato, al 17° posto (su 24) per ampiezza del gender pay gap. È un problema anche per quanto riguarda i consumi, poiché le donne in posizione di retrovia sono meno incentivate a spendere e persino a chiedere prestiti personali.

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Poche donne dirigenti. La spiegazione di questa differenza, secondo gli esperti, è semplice: l'accesso delle donne a posizioni apicali resta ancora basso, anche se si evidenziano miglioramenti rispetto al passato. Secondo i dati Istat, dal 2008 al 2018 la percentuale dei dirigenti donna è aumentata decisamente, passando dal 27% al 32%, quella dei quadri è passata dal 41% al 45%. La situazione peggiora prendendo in considerazione solo i dipendenti di aziende private: la rilevazione trimestrale sulle forze lavoro dell'Istat, infatti, evidenzia come la percentuale dei dirigenti donne, nel privato, sia del 15%, quella dei quadri del 29%.

Gender pay gap più alto fra impiegati e operai. Il report mette in risalto come il gender pay gap cresca al diminuire di categoria contrattuale e sia più alto fra impiegati e operai, che fra dirigenti e quadri. La situazione, negli ultimi tre anni, è in costante miglioramento per tutte le categorie contrattuali, in modo particolare per i dirigenti: dal 2016 al 2018 il gap fra dirigenti si è ridotto del 4%, negli altri inquadramenti, invece, è compreso tra lo 0,6% e il 2,7%.

Le donne guadagnano meno dei colleghi maschi. Questo, tanto a parità di ruolo professionale quanto a parità di settore d'impiego. Secondo una statistica di JobPricing, nel 77% dei casi l'uomo ha retribuzioni superiori alla donna in tutti i settori professionali. Non solo. È appurato ormai che le donne italiane studiano di più (nel 2018 erano il 54% dei laureati totali), ma tendono a privilegiare studi con minori prospettive sia occupazionali che retributive: questo porta con sé il fatto che il gap retributivo sia più alto (anche superiore al 30%) fra laureati che fra non laureati. Per comprendere meglio questo dato, va considerato che le donne laureate sono più giovani, cioè hanno accesso da meno anni all'istruzione terziaria di massa: per la maggior parte, quindi, nel loro percorso professionale non hanno ancora visto maturare opportunità di carriera né di retribuzione collegate al titolo di studio. Una considerazione, questa, che lascia parecchie speranze per il prossimo accorciamento delle distanze.

La digitalizzazione può far aumentare il gender pay gap. Il rapporto, giunto alla quinta edizione (e associato per il secondo anno consecutivo al Progetto Libellula che ha l'obiettivo di creare un network di aziende che valorizzino gli sforzi per fare in modo che la violenza non trovi spazio), sottolinea che il gap fra uomini e donne nel lavoro rischia di aumentare per effetto dell'automazione e della digitalizzazione dell'economia. Due i problemi: il primo è che la trasformazione digitale, sostengono gli esperti, avrà impatto soprattutto sulle occupazioni appannaggio tradizionale delle lavoratrici; il secondo è che le donne sono in ritardo per quanto riguarda le competenze STEM, ossia scienze, tecnologia, ingegneria e matematica, quelle, insomma, che offrono gli sbocchi maggiori in termini occupazionali. Tutto questo, mettono in guardia gli esperti, rischia di avere un duro contraccolpo sul processo che ha consentito all'occupazione femminile in Italia di crescere: dal 2008 in avanti, infatti, la forza lavoro femminile è salita del 9,3%, il numero delle donne occupate del 5,3%.

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