Confindustria: spiragli di ripresa solo nella seconda metà del 2021
11 feb 2021 | 2 min di lettura | Pubblicato da Paolo F.
Il quadro resta ancora precario
Il Pil italiano tornerà a crescere solo a partire dal terzo trimestre 2021; lo afferma Confindustria.
Continua quindi a essere solido l'intreccio tra quadro economico ed emergenza sanitaria. Oltre alle chiusure forzate e alle restrizioni alla mobilità, pesano ancora le incertezze per il futuro, che potrebbero essere allentate se il piano vaccini andasse spedito e funzionasse senza intoppi.
Il vaccino potrebbe rendere il clima meno pesante, spingendo così consumi e prestiti.
Si allarga il divario tra servizi e industria
L’indice Pmi a fine 2020 per i servizi si è attestato a quota 39,7 a causa della diminuzione di ordini esteri e domestici. L’industria invece vede l'indice al 52,8, chiudendo l'anno con un dicembre positivo.
Uno dei principali problemi causati dalla pandemia è l’indebitamento delle imprese a fini emergenziali e non di investimento.
In questo contesto l’export dovrebbe migliorare, visto che a novembre ha guadagnato 4,1 punti percentuali, tornando a livelli pre-crisi grazie ai buoni ordinativi da Germania, Svizzera, Cina e Usa.
Le prospettive nell’Eurozona
Nell’Eurozona le prospettive sono meno negative di quanto ipotizzato in un primo momento. Il Pil di Francia e Germania non è crollato come si temeva e il livello di attività a inizio 2021 è superiore a quello della scorsa primavera, ossia il periodo della prima ondata.
Il quadro resta però ancora precario, come dimostrano la dinamiche dei prezzi al consumo in Italia, che indicano un calo dello 0,2%.
Si tratta però di una percentuale che maschera differenze di settore significative: ibeni industriali sono cresciuti dello 0,4%, così come quelli dei servizi. I prezzi energetici invece, sono crollati dell'8,4%, soprattutto a causa del ribasso del petrolio durante la prima ondata.
Famiglie tra redditi e incertezza
Oltre una famiglia su dieci lamenta una situazione finanziaria peggiorata.
Quelle con redditi bassi hanno visto diminuire ulteriormente i loro potere d'acquisto, mentre la quota di risparmiatori è salita al 24%. In altre parole: anche chi ha risorse da spendere, preferisce tenerle in tasca per paura che la situazione possa peggiorare in futuro.
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