Credito al consumo e Iva più alta
19 dic 2011 | 2 min di lettura | Pubblicato da Valerio M.
Il credito al consumo sarà frenato dall'aumento dell'Iva al 23%?
In base al testo redatto dal governo Monti, all’Iva verranno lasciati solo 10 mesi di “ossigeno”. Poi, a partire dal prossimo settembre 2012, sull’imposta straordinaria, già innalzata dal governo Berlusconi al 21%, scatterà l’aumento “choc” fino al 23%. Una sciabolata netta dal punto di vista fiscale che rischia seriamente di vedere i prezzi di molti beni e servizi impennarsi di nuovo, con conseguente drastico calo dei consumi.
Così Assofin, l’associazione italiana del credito al consumo, ha fatto un po’ le “carte” a quale sarà lo scenario del segmento con questo pesante fardello fiscale. Un ulteriore aumento dell’Iva potrebbe rendere ancora più magro il volume d’affari del settore dei finanziamenti. Il motivo? Semplice: i primi consumi che si contraggono, in questi casi, sono quelli relativi ai beni di consumo durevoli. Beni che, si sa, sono quelli legati in modo sempre più indissolubile al credito al consumo.
“In fasi di turbolenza come queste – spiegano da Assofin – le famiglie sono portate a rimandare gli acquisti di beni durevoli quali frigoriferi e elettrodomestici vari, oppure automobili o motocicli, e il settore del credito al consumo ne va a risentire”. Questo a fronte di una crisi che il comparto paga già da mesi “Anche nei primi nove mesi del 2011 – testimoniano i dati Assofin – fanno segnare una contrazione media del totale degli importi erogati nell’ordine dell’1,4%, su un giro d’affari che per volume sfiora i 40 miliardi di euro complessivi. Cali più lievi rispetto alle flessioni del 2010 su 2009 (-5,3%) e in particolar modo del 2009 su 2008 (-11,3%), ma ormai la crisi del segmento da congiunturale sta diventando strutturale”.
Poi ci sono anche le nuove tutele per il consumatore, che regolamentano ma condizionano il mercato. Dal primo giugno è stata riconosciuta la responsabilità del finanziatore nei confronti delle inadempienze del fornitore. Così, le banche diventano ancora più caute nel legarsi a settori del commercio di beni durevoli per erogare credito.
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