Studio Cgia di Mestre su imprese e rischio usura
18 ago 2016 | 3 min di lettura | Pubblicato da Rosaria B.
Secondo la Cgia di Mestre il rischio usura è in aumento per le imprese
Nell’ultimo anno i prestiti forniti dalle banche alle imprese sono diminuiti di 13,8 miliardi di euro. Se si guarda al periodo che va da maggio del 2011, in cui è stato toccato il picco massimo di erogazione, allo stesso mese di quest’anno la riduzione dei prestiti concessi è di quasi 117 miliardi di euro.
Ad affermarlo è la CGIA di Mestre che ha lanciato un nuovo allarme usura: così come avviene per i privati, quando non riescono a ripagare un prestito personale o si trovano a fronteggiare una spesa imprevista, anche per le piccole imprese starebbe aumentando il rischio di finire nella rete degli usurai.
Secondo la Cgia, l’Associazione Artigiani e Piccole Imprese di Mestre, oltre agli effetti della crisi economica e al calo della domanda di credito, la forte riduzione dei prestiti da parte delle banche è dovuta al deciso aumento delle sofferenze che a giugno di quest’anno, stando ai dati diffusi da Banca di Italia, hanno sfiorato i 198 miliardi di euro lordi.
L’effetto combinato di tali cause avrebbe fatto sì che il rischio usura, presente ancora oggi soprattutto nelle regioni del Mezzogiorno, sia aumentato anche in altre regioni finora rimaste ai margini del fenomeno.
L’associazione però non si limita solo ad osservare il fenomeno, ma si è spinto fino a “misurarlo” con i pochi strumenti oggi a disposizione: le denunce effettuate all’Autorità giudiziaria non riescono infatti a dare una fotografia precisa dal momento che sono di gran lunga inferiori rispetto alle situazioni realmente esistenti.
Per questo l’associazione ha incrociato quindi i risultati di ben otto criteri per cercare di misurare questa emergenza regione per regione: tra questi vi sono la disoccupazione, i fallimenti, i protesti, i tassi di interesse applicati, le denunce di estorsione e di usura, il numero di sportelli bancari e il rapporto tra sofferenze ed impieghi registrati nelle banche.
Dall’analisi è emerso come, oltre alla riduzione dei prestiti, siano le scadenze fiscali o le piccole spese impreviste a spingere molti piccoli imprenditori a ricorrere agli usurai, spesso per importi molto contenuti che non superano qualche migliaio di euro.
In pratica, se si guarda alla metodologia di calcolo di questo indice, emerge come nelle aree dove c’è più disoccupazione, alti tassi di interesse, maggiori sofferenze, pochi sportelli bancari e tanti protesti, la situazione è decisamente a rischio.
Rispetto ad un indicatore nazionale medio pari a 100, la situazione più critica si presenta in Campania dove l’indice del rischio usura è pari a 157,3 (pari al 57,3 per cento in più della media Italia), in Calabria con un valore di 152,7 (52,7 per cento in più rispetto alla media nazionale), in Puglia con 130,8 (30,8 per cento in più della media Italia), in Sicilia con 129,2 (29,2 per cento in più della media nazionale) e in Basilicata dove il livello raggiunge quota 128,6 (28,6 per cento in più della media Italia).
La regioni meno a rischio sono il Trentino Alto Adige, con un indice pari a 51,3 (48,7 punti in meno della media nazionale) e la Valle d’Aosta dove il parametro si ferma a 63,2 (36,8 punti al di sotto della media nazionale).
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