Prestiti auto: rischio bolla fra Gran Bretagna, Germania e Francia
24 mag 2019 | 3 min di lettura | Pubblicato da Franco C.
Ecco l'analisi realizzata da Moody's
A lanciare l'allarme sul mondo dei prestiti auto è Moody’s, l'agenzia di rating con sede a New York. Secondo i suoi dati, il modo con cui si vendono le automobili in Europa risulta essere “negativo sul credito” per le società di finanziamento auto. Cosa succede? Succede, secondo il nuovo rapporto di Moody's, che il calo delle vendite auto in Europa spinge le società che fanno prestiti auto per acquistare la vettura (soprattutto se nuova), a mettere in piedi transazioni sempre più rischiose. Generando un loop che, sostiene l'agenzia del credito Usa, “risulta negativo per le banche e per le operazioni di cartolarizzazione”.
L'allarme prestiti auto rischiosi parte da Gran Bretagna e Germania... Il problema è che i produttori di auto del Regno Unito e di Germania, negli ultimi anni hanno incrementato le vendite offrendo prestiti auto estremamente generosi. Troppo generosi. Tanto che le società di finanziamento auto adesso sono più esposte al rischio di perdere denaro,in virtù del fatto che i prestiti non vengono restituiti. Questo accade mentre le vendite di automobili nuove diminuiscono a vista d'occhio.
… e adesso si estende alla Francia. L'allarme prende ancora più corpo perché, secondo Moody’s, il problema del credito auto troppo facile offerto per clienti che poi finiscono per non saldare l’intero prestito, si sta diffondendo a macchia d'olio e arriva anche alla Francia. Nel Paese transalpino l’equivalente di un prestito pcp inglese, ossia un prestito che offre un canone leasing dilazionato da due anni in poi, si chiama loa, ovvero location avec option d’achat, in parole povere un prestito con opzione di acquisto. I prestiti loa, mette in chiaro Moody's, già ora, in Francia, costituiscono la metà del mercato francese dei prestiti auto. E sono in aumento.
Il mondo dell'auto sta cambiando rapidamente. La guerra al diesel ha contribuito non poco ad abbassare le vendite di nuove auto. Tanto che Moody's ha cambiato il rating sull’industria automobilistica globale, abbassandolo da stabile a negativo, sentenziando pochi giorni fa che “dopo il calo dello 0,4% con 16,2 milioni di auto vendute in meno nell'ultima parte del 2018, le vendite globali non riprenderanno quota né nel 2019 e nemmeno nel 2020”. Un calo preoccupante, visto che sta spingendo le finanziarie a offrire prestiti auto sempre più rischiosi, sostiene Moody’s.
Più lungo è il prestito, maggiore è il rischio. “In Germania e in Gran Bretagna le finanziarie delle case automobilistiche si stanno espandendo nel settore dell'usato, stante la saturazione del mercato delle auto nuove - sottolinea Greg Davies, vice presidente senior research analyst di Moody’s - Prevediamo che questa situazione possa far crescere il diffondersi di prodotti finanziari come i prestiti mongolfiera (quelli che offrono di pagare un importo dello stesso livello per tutta la durata del prestito) oppure di altri prodotti leasing in altri mercati europei, costringendo a pratiche ancora più rischiose pur di competere sul mercato”. L'allarme è forte, tanto che anche Morgan Stanley, banca d'affari con sede a New York, mette in guardia: l’industria automobilistica britannica, dice, ha gli stessi problemi che dieci anni fa aveva il mercato dei mutui.
Termini più lunghi aumentano il rischio di insolvenza. Più lungo è il periodo del prestito, più sono basse le rate mensili, più attraente è il finanziamento. Il problema è che i periodi di prestito più lunghi rendono ancora più difficile prevedere quale sarà il valore residuo dell’auto a fine prestito. E questo aumenta la probabilità che le finanziarie subiscano perdite. Non solo: termini più lunghi aumentano la possibilità che chi compra restituisca le auto al concessionario prima che aumenti la rata mensile: questo, dice Moody's aumenta la probabilità di perdite per le finanziarie. Tanto per fare un esempio, attualmente nel Regno Unito, i prestiti pcp per comprare Volkswagen a 48 mesi o più è del 70%, rispetto al 55% del 2016.
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