Il divario di genere nel credito: agli uomini quasi il doppio dei prestiti
21 mar 2024 | 2 min di lettura | Pubblicato da Paolo F.
Non va meglio per le pensioni
Dai tassi di occupazione alle retribuzioni medie, la disparità tra uomini e donne emerge molto spesso. E neppure il credito fa eccezione.
Secondo un’analisi della Federazione autonoma bancari italiani (Fabi), il totale dei finanziamenti concessi alle famiglie dagli istituti nel 2023 è stato di 474 miliardi di euro: 164 miliardi è stato erogato agli uomini, 95 miliardi alle donne e 216 miliardi per contratti cointestati. In sostanza, il credito concesso alle sole donne vale il 20% del totale ed è poco più della metà rispetto a quello maschile.
Credito più “maschile” al Sud
In otto regioni su venti, la quota del credito femminile non arriva a un quinto del totale. Tra di esse, ben cinque sono del Sud, a conferma di un gap forte ovunque ma ancora più sentito nel Meridione, dove la media è del 18%. Il primato del divario di genere va alla Campania, con il 16,6% del credito erogato alle donne.
Le ragioni della disparità, spiega la Fabi, arrivano da lontano, trascinando nel mondo dei prestiti i divari presenti altrove: le donne hanno infatti “tasso di occupazione più basso, stipendi e pensioni ridotti, contenuta attitudine al rischio, minori dotazioni patrimoniali (immobili in particolare) necessarie per le garanzie bancarie”.
Il divario pensionistico
Il divario è forte anche nella previdenza. Le pensionate italiane percepiscono in media un assegno mensile di 1.416 euro, mentre gli uomini incassano 1.932 euro.
Pur essendo di più (8,3 milioni, contro 7,8 milioni di uomini), le donne hanno percepito molto meno: 141 miliardi, contro i 180 miliardi degli uomini. “In termini relativi quindi – spiega la Fabi - le pensioni femminili sono più leggere di quelle maschili del 36%”
La previdenza complementare
Le donne avrebbero quindi maggior bisogno di una previdenza complementare. Ma invece di ridursi, la forbice si allarga. Su 9,2 milioni di iscritti, solo il 38,2% è donna. Il motivo principale è, ancora una volta, la minore partecipazione al mercato del lavoro, visto che in Italia sono soprattutto i dipendenti ad avere una pensione complementare.
Se non tutto, quindi, molto parte da questo dato: il tasso di attività femminile è del 56,4%, rispetto al 74,6% maschile.
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