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Sentenza europea sul Taeg

16 gen 2020 | 3 min di lettura | Pubblicato da Maria P.

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Si torna a parlare del Taeg dopo una sentenza della Corte di Giustizia europea dello scorso dicembre. Questa sentenza, intervenuta a chiudere la controversia tra un consumatore e una società creditizia non italiana, si esprime su quanto contestato dal primo: ovvero, la mancata indicazione di una percentuale precisa del Tasso annuo effettivo globale, espresso invece attraverso un intervallo tra due valori. Concluse tutte le valutazioni del caso, la Corte ha ritenuto che “l’articolo 10, paragrafo 2, lettera g), della direttiva 2008/48/CE, come modificata dalla direttiva 2011/90/UE della Commissione, vada interpretato nel senso che osta a che, in un contratto di credito al consumo, il Tasso annuo effettivo globale sia espresso non da un tasso unico, ma mediante un intervallo che rinvia a un tasso minimo e a un tasso massimo”. Quindi bene il tasso unico e no, invece, alla forbice tra un minimo e un massimo. Agli operatori è vietato indicare il Taeg sotto forma di intervallo fra due valori perché tale scelta non appare in linea con la formulazione di diverse disposizioni della direttiva 2008/48/CE, che riguarda appunto i contratti di credito ai consumatori.

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Il Tasso annuo effettivo globale, lo ricordiamo, è il costo totale dell’importo complessivo del credito, fondamentale perché consente al consumatore di confrontare le varie proposte di finanziamento. E questo non vale solamente per l’Italia, ma per tutta la parte di Europa che rientra sotto la normativa UE. Nell’ambito di quest’area, infatti, il Tasso annuo effettivo globale deve essere determinato nello stesso modo. In generale, il diritto dell’Unione Europea punta, sul credito come su altro, alla piena armonizzazione, in modo da garantire a tutti i consumatori un alto livello di tutela dei loro interessi, che sia appunto uguale dappertutto, creando così un vero mercato interno. E affinché i consumatori possano prendere le loro decisioni con piena cognizione di causa, bisogna che ricevano informazioni adeguate, da portarsi dietro ed esaminare prima di concludere il contratto di credito. Tali informazioni devono riguardare le condizioni e il costo del credito e i vari vincoli e obblighi.

Dal momento che nella fase precontrattuale il Taeg può essere indicato solamente attraverso un esempio, ricorda poi la Corte, tale esempio dovrebbe essere rappresentativo, corrispondendo – solo per citare qualche voce – all’importo totale del finanziamento concesso per il tipo di contratto di credito considerato, alla sua durata media ed eventualmente alle merci acquistate. Nel formulare tale esempio rappresentativo, continua la Corte, si dovrebbe prendere in considerazione anche la frequenza di certi tipi di contratto di credito in uno specifico mercato. Riguardo al tasso debitore, alla frequenza dei pagamenti rateali e alla capitalizzazione degli interessi, i creditori dovrebbero utilizzare il loro abituale metodo di calcolo per il credito al consumo in questione. Infine, com’è ovvio, per permettere al consumatore di conoscere i suoi diritti e obblighi alla luce del contratto di credito, tale contratto dovrebbe illustrare le informazioni in maniera chiara e concisa. Ecco perché rappresentare il Taeg con un tasso unico va bene, mentre indicare un intervallo di valori proprio no.

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