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Recesso ed estinzione anticipata

8 ago 2011 | 3 min di lettura | Pubblicato da Andrea P.

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Gli italiani sono al primo posto in Europa per insolvenza: il mancato pagamento delle rate riguarda il 10,5% delle famiglie che hanno fatto ricorso al credito al consumo, secondo uno studio diffuso la scorsa settimana dalla Banca d’Italia e relativo al  2008. Con un contesto così complesso, è spesso utile conoscere le norme che regolano la possibilità di recedere da un contratto di credito.

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Dallo scorso settembre per il consumatore è sempre possibile interrompere un contratto di finanziamento, purché non siano passati più di 14 giorni dalla stipula. All’interno di questo periodo, infatti, non è necessario fornire alcun motivo per la propria decisione: l’ha stabilito il decreto legislativo 141/2010, che abbiamo già citato nei precedenti post: si tratta del complesso di norme che hanno recepito la direttiva europea del 2008 e hanno in parte modificato il Testo unico bancario.

Cosa occorre fare, quindi, se non vogliamo più procedere con il finanziamento che avevamo richiesto? In ogni caso, sarà necessario inviare alla banca o società finanziaria una lettera raccomandata con ricevuta di ritorno. Quanto alle somme da restituire, comprendono ovviamente gli interessi maturati e le tasse, ma il cliente non deve versare alcuna penale né effettuare altri esborsi.

Un caso particolare, però, riguarda gli acquisti di beni o servizi: non è possibile il “ripensamento” puro per chi compra all’interno di un negozio e si pente di quello che ha portato a casa. Il Codice del consumo, invece, permette di fare il passo indietro al consumatore che compra a distanza (è il caso dell’e-commerce) o comunque al di fuori dei locali del venditore: in questo caso ci sono 10 giorni a disposizione per recedere dall’acquisto; se c’è un contratto di finanziamento collegato, in automatico decade anche quello.

Esistono anche casi in cui il cliente ha diritto al recesso in qualsiasi momento e nei confronti del finanziatore deve solo rispettare il tempo di preavviso: questo accade ad esempio con il credito rotativo (carte di credito revolving) ma in ogni singola situazione è consigliabile controllare le condizioni generali del contratto. Il periodo di preavviso è comunque a favore del cliente: minimo due mesi se è la banca o società finanziaria a voler terminare il contratto, un mese e non oltre se si tratta di una scelta dell’individuo.

Il contratto di credito può essere terminato anche senza recesso, tramite estinzione anticipata – anche parziale - che può avvenire in qualsiasi momento. Si tratta di restituire prima del termine il capitale residuo aggiungendo gli interessi maturati e gli eventuali altri oneri. Inoltre, potrebbe essere stato incluso nel contratto un indennizzo a vantaggio della società creditrice, che non può essere più alto degli interessi maturati. Non sempre però le banche o finanziarie possono inserire questa clausola, ad esempio quando la somma da rimborsare è equivalente all’intero debito residuo o è inferiore a 10mila euro.

Anche per effettuare l’estinzione è opportuno inviare una raccomandata a/r e controllare cosa prescrive il contratto firmato.  Per conoscere l’importo complessivo delle somme da rimborsare, va consultato il “piano di ammortamento” fornito da chi eroga il credito: un elenco o tabella che riporta l’importo di ciascuna rata e le scadenze di pagamento, visualizzando in due diverse colonne la quota del capitale e la quota degli interessi.

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