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Prestiti per cattivi pagatori e protestati

16 mar 2015 | 3 min di lettura | Pubblicato da Maria P.

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Cattivi pagatori, protestati, pignorati: cosa fare, se serve un prestito? Innanzitutto, qualche passaggio di chiarezza. È un cattivo pagatore chi non ha versato in modo puntuale una o diverse rate del finanziamento o è stato insolvente. Nome e cognome della persona restano nei sistemi di informazioni creditizie per non più di 36 mesi dalla data di estinzione prevista o nella quale l’istituto di credito ha riferito l’ultimo aggiornamento. Durante questo lasso di tempo, l’accesso al credito si fa complicato: al cattivo pagatore banche e finanziarie associano un rischio di insolvenza maggiore e quindi tenderanno a non accordare prestiti. Discorso analogo per i protestati, ovvero quelle persone confluite nel registro informatico dei protesti della Camera di Commercio, dove rimangono per cinque anni, potendo chiedere di essere riabilitati presso il tribunale o il dirigente responsabile dell’ufficio protesti della Camera di Commercio – presentando i documenti che attestano il pagamento della cifra oggetto del protesto – dopo dodici mesi. Essere nel registro dei protesti costituisce uno svantaggio. Altra categoria “svantaggiata” è quella di chi ha subito un pignoramento, che è la fase iniziale dell’espropriazione.

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Per tutti loro, comunque, un canale di accesso al credito esiste. La cessione del quinto, per esempio. Lo stipendio o la pensione di chi avanza la richiesta in genere rappresenta una garanzia sufficiente affinché la società creditizia conceda il prestito. La cessione del quinto è un tipo di prestito personale non finalizzato che consente a chi ne fa richiesta di ricevere fino a 60mila euro a tasso fisso. Bisogna però essere un lavoratore dipendente a tempo indeterminato oppure un pensionato. Si tratta di un requisito assolutamente imprescindibile, che permette la restituzione del prestito attraverso la trattenuta a monte di un quinto dello stipendio o della pensione. A garantire la solvibilità del debitore interviene anche la polizza assicurativa obbligatoria, che ha il compito di tutelare la banca in caso di perdita del posto di lavoro o di morte. Per quanto riguarda il dipendente, al di là della copertura assicurativa, un’altra forma di garanzia per la società che eroga il credito è il trattamento di fine rapporto accumulato.

Come abbiamo evidenziato già in altre occasioni, nel finanziamento con rimborso tramite cessione del quinto la rata rimane costante per tutta la durata del finanziamento e non può superare il quinto dello stipendio o della pensione. Ecco allora che il prestito sarà proporzionato al reddito di chi fa domanda. La banca prenderà contatto col datore di lavoro affinché questi possa confermare l’esistenza del contratto. In mancanza di un reddito dimostrabile, bisogna presentare precise garanzie come una proprietà o la firma di una terza persona che si renda disponibile a intervenire se il debitore, per qualche motivo, si rivela insolvente. Da segnalare due alternative alla cessione del quinto. Una è il prestito delega, al quale si può procedere in presenza di una convenzione con l’azienda, pubblica o privata, del dipendente o verificando caso per caso la disponibilità della ditta ad accogliere questa soluzione. Altrimenti c’è il prestito cambializzato, la cui assegnazione avviene dietro firma di cambiali da parte del debitore.

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