Cosa sono i crediti deteriorati
17 feb 2014 | 3 min di lettura | Pubblicato da Maria P.
L’uso di parole inglesi per questioni tutte italiane talvolta apre serie fratture. Quella, per esempio, tra i consumatori e i temi che potrebbero toccarli molto direttamente. Così, quando i media citano la “bad bank”, la “banca cattiva”, capita che il telespettatore - o il radioascoltatore, o il lettore - faccia spallucce e torni subito a pensare ai fatti suoi, ignorando che anche la cosiddetta “bad bank” è affar suo. In realtà, i giornalisti hanno provato a spiegare di cosa si tratta e cosa comporterebbe per gli italiani. Ma visto che ripetere porta giovamento, anche noi tentiamo di chiarire le implicazioni di quello che a una primissima impressione pare soltanto l’ennesimo astruso concetto di alta finanza.
Tutto ha avuto inizio con l’intervento del governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco al congresso annuale di Assiom Forex, l’associazione degli operatori finanziari italiani, l’8 febbraio a Roma. Il numero uno dell’autorità che vigila sulle società bancarie e finanziarie ha fatto un accenno a quello che nella sintesi dei media è stato definito “uno strumento per una migliore gestione dei crediti deteriorati”, ossia di quei prestiti esposti a una possibile perdita di valore e associati a un elevato grado di rischio. A monte c’è l’azione della Banca centrale europea - l’istituto che stampa moneta nella zona dell’euro, di cui l’Italia fa parte - finalizzata a spingere le banche dell’area a una più decisa pulizia dei bilanci.
Poi ci sono i numeri: nel nostro Paese, i crediti deteriorati sono circa 300 miliardi, secondo una recente stima della stessa Bankitalia. Alcuni istituti si sono già messi in moto per ridurne il peso sui loro conti. Gli interventi consistono nella creazione di società private - quindi senza lo Stato di mezzo - nelle quali riversare questo tipo di crediti. Attenzione: finora si tratta di iniziative individuali di singole banche. Obiettivo comune, liberarsi della zavorra che questi prestiti rappresentano per far ripartire il giro dei finanziamenti alle imprese e alle famiglie italiane. Ed ecco uno degli effetti che le varie “bad bank” - le “banche cattive”, perché ingoiano i suddetti crediti deteriorati - avrebbero sui consumatori: secondo le intenzioni dichiarate, toglierebbero qualche pensiero alle banche e permetterebbero loro di concentrarsi sulla concessione di prestiti anche a sostegno dei consumi.
Nel suo intervento al congresso Assiom Forex, però, Visco è parso guardare oltre: a una “bad bank” di sistema, con “interventi più ambiziosi” che “non sono da escludere”. In queste parole qualcuno ha intravisto un ok a un’eventuale società a partecipazione privata e pubblica - un’unica grande “bad bank” - che raccolga dalle banche la gran massa di crediti deteriorati. La qual cosa ha agitato le associazioni dei consumatori. Elio Lannutti di Adusbef e Rosario Trefiletti di Federconsumatori in una nota condivisa hanno scritto: “invitiamo il governo a riflettere prima di effettuare l’ennesimo salvataggio delle banche a spese dei contribuenti, dei correntisti e dei risparmiatori”. Perché è facile intuire che l’intervento pubblico comporterebbe l’investimento di una parte delle risorse statali, incamerate anche tramite il fisco, nella “bad bank”. Vedremo come si regolerà il nuovo esecutivo.
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