Cos’è la decadenza del beneficio del termine
21 mar 2016 | 3 min di lettura | Pubblicato da Maria P.
Cos’è la decadenza del beneficio del termine? È la facoltà del creditore di risolvere il contratto di finanziamento e di conseguenza pretendere il versamento del debito restante in un’unica soluzione a fronte di reiterati ritardi nel rimborso delle rate da parte del debitore. È bene precisare che si può parlare di ritardo di pagamento quando trascorrono fra i 30 e i 180 giorni dalla scadenza della rata da pagare. Certo, potrebbe giustamente venire da chiedersi come possa il debitore versare sull’unghia fino all’ultimo centesimo del debito residuo, seppure senza gli interessi, dal momento che già non è riuscito a far fronte a qualche rata. Ma soprattutto, come possiamo evitare la non piacevole esperienza di ricevere la comunicazione di decadenza del beneficio del termine dalla banca o dalla finanziaria presso cui abbiamo contratto il prestito? È senz’altro consigliabile contattare l’istituto di credito e provare a chiarire la propria situazione. Per sanare la quale una strada può essere la ridefinizione delle condizioni del debito, con un piano di rientro in linea con le risorse del debitore. Soluzione, questa, che giova anche al creditore, il quale ha qualche chance in più di rivedere i suoi soldi.
Vediamo come si è svolto - e risolto - un caso concreto, oggetto di una delle decisioni assunte dall’Arbitro bancario finanziario, organismo di risoluzione delle controversie fra clienti e sistema bancario e finanziario istituito in seno a Bankitalia. La persona che ha presentato ricorso ha riferito all’Abf che il 6 settembre 2012 la società creditizia gli ha comunicato l’accettazione della domanda di rinegoziazione di un contratto di finanziamento, con la sospensione dei pagamenti per 12 mesi. Senonché, il 23 aprile 2013 ha ricevuto il preavviso di decadenza dal beneficio del termine con la richiesta di versare subito 9.993,84 euro. L’autore del ricorso ha contestato la richiesta dell’ente creditizio per via della rinegoziazione accettata, ma l’intermediario ha risposto “niente da fare”. Ecco allora che il ricorrente ha dovuto accettare la dilazione proposta dalla societa? di recupero crediti, con il pagamento di cambiali per 21.006 euro. Ha dunque chiesto all’Abf un risarcimento danni di 15mila euro.
La società creditizia si è difesa facendo presente che la rinegoziazione non è mai giunta a compimento, dal momento che il 14 settembre 2012 ha inviato una mail al ricorrente precisando che per procedere sarebbe stato necessario corrispondere gli interessi di mora maturati e mai pagati di 55,47 euro e il saldo delle rate non pagate. Di fronte al mancato riscontro del debitore, il creditore ha archiviato la richiesta di rinegoziazione come decaduta. E così la palla è passata alla societa? di recupero crediti, con cui il cliente che ha presentato il ricorso ha dovuto poi concordare un piano di rientro. L’Abf sottolinea che “l’apposizione di una condizione sospensiva successiva al perfezionamento dell’accordo e? inefficace se non espressamente accettata dall’altro contraente”. Ne consegue che la stessa decadenza dal beneficio del termine manca di efficacia. In conclusione, il collegio ha disposto che l’intermediario corrispondesse al ricorrente 11mila euro, con tanto di interessi legali dalla data del reclamo al saldo.
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