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Credit scoring e rischio di credito

5 giu 2012 | 3 min di lettura | Pubblicato da Andrea P.

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È come una “pagella” o, per meglio dire, una valutazione sull’affidabilità del consumatore che ha chiesto un prestito. Il credit scoring (la procedura che determina uno score o “punteggio di accettazione”) è molto usato dalle banche e finanziarie per stimare la probabilità che il cliente sia in grado di onorare il suo debito in un determinato arco di tempo. Dal punto di vista di chi deve erogare il finanziamento, quindi, questo punteggio determina il “rischio di credito”.

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Lo score è il frutto di un complesso calcolo matematico, nel quale confluiscono quattro tipi di informazioni:

  • la capacità di reddito e le altre caratteristiche del cliente (ad esempio, i dati anagrafici e la professione);
  • l’identikit del prodotto finanziario (durata del prestito, importo complessivo e della rata mensile, eccetera);
  • le informazioni sul bene o servizio da finanziare;
  • il livello di indebitamento del richiedente.
 

Nel 2008, un’indagine di Paola Rossi pubblicata dalla Banca d’Italia e condotta su un campione di oltre 300 intermediari finanziari sull’intero territorio nazionale, ha messo in luce che i prodotti finanziari più innovativi erano più frequenti nelle banche che avevano adottato tecniche di credit scoring per valutare i clienti: le usava già il 91% dei maggiori istituti di credito. Un esempio pratico sono i mutui con durata almeno trentennale: gli istituti in grado di proporli erano quadruplicati dal 15% del 2003 al 59% del 2006.

Le banche in grado di dotarsi di strumenti così sofisticati come i modelli matematici hanno di norma maggiori capacità organizzative, sono in grado di immettere nei mercati internazionali obbligazioni di lunga durata e hanno le competenze adatte a gestire soluzioni più complesse. Lo scoring ha quindi contribuito in parte a evolvere il mercato italiano dei finanziamenti alle famiglie, più ristretto rispetto a molti altri Paesi europei, anche per la bassa varietà dei prodotti offerti.

I risultati di questi complessi calcoli, si legge nello studio, sono fondamentali nella decisione se concedere o meno il prestito e molto importanti nel determinare l’importo del finanziamento. La pagella quantitativa viene considerata rilevante anche per valutare le garanzie fornite dal cliente e per monitorare l’andamento del rapporto durante il periodo di rimborso. Nel 2009, una tra le principali banche dati private del credito (i Sistemi di informazioni creditizie o SIC), la Crif, ha acquisito la filiale italiana di Dun & Bradstreet, specializzata nei sistemi decisionali di credit scoring.

Questa metodologia è nata negli Stati Uniti (le prime tracce risalgono agli anni ’30, dopo la Grande Depressione) anche come strumento per valutare la solvibilità delle imprese. Per analizzare una realtà produttiva vengono utilizzate le informazioni tratte dai bilanci, al fine di distinguere le imprese più robuste da quelle a rischio di default (insolvenza, perdita della capacità di pagare i propri debiti). È necessario però rendere questi bilanci omogenei in base a principi contabili comuni. L’analisi può esaminare clienti (anche piccole e medie imprese) appartenenti a diversi settori, aree geografiche e con differenti dimensioni aziendali, purché comparabili, monitorando il loro andamento nel tempo. Ma non è sempre possibile cogliere i cambiamenti aziendali più veloci o avere informazioni sufficienti in un certo settore.

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