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Come fare se fallisce la finanziaria

25 nov 2013 | 3 min di lettura | Pubblicato da Maria P.

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Il periodo non è facile. Neanche per le società che erogano crediti, vale a dire banche e finanziarie. Nel suo bollettino mensile, che riporta gli ultimi dati disponibili, riferiti a settembre, l’Associazione bancaria italiana (Abi) spiega che, per via della crisi che non cessa e delle sue implicazioni, la rischiosità dei prestiti in Italia è aumentata ancora.

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Insomma, le banche fanno sempre più fatica a farsi rimborsare i finanziamenti. E dal momento che i bilanci degli istituti si basano anche sulla puntualità dei rimborsi e sulla solvibilità dei clienti - fra i quali ci sono famiglie e imprese - non è raro, visto il periodo, che qualche azienda vada in affanno. Ci siamo calati spesso nei panni dei consumatori in difficoltà con la restituzione dei prestiti. Ma cosa succede ai debitori quando è la banca - o la finanziaria - ad avere problemi? Secondo Bankitalia, le procedure di amministrazione straordinaria al 7 novembre erano tredici: dodici riguardavano banche, una interessava un intermediario non bancario. Di queste tredici procedure, ben nove sono partite del 2013.

Ora, però, bisogna distinguere: l’amministrazione straordinaria - che per una banca viene disposta attraverso un decreto del ministero dell’Economia e dietro proposta della stessa Bankitalia - vuol dire che l’azienda sta attraversando un periodo molto complesso, non che sta fallendo. Anzi: dal momento che le banche costituiscono il polmone dell’economia, per il loro “risanamento” in caso di difficoltà si prevede un percorso articolato che di fatto tende a evitare il fallimento. Nella peggiore delle ipotesi, per proteggere i correntisti entra in gioco il Fondo interbancario di tutela dei depositi (Fitd), che copre le somme depositate fino a un massimo di 100mila euro per ogni titolare e per ciascuna banca.

E i prestiti ricevuti? Quelli in genere vanno avanti per la loro strada: essendo denaro in entrata, le rate rimborsate contribuiscono ad alimentare la liquidità necessaria a soddisfare chi di soldi deve riceverne, quindi dipendenti e creditori. Vale anche per le finanziarie, i cui iter di amministrazione straordinaria e di liquidazione sono più simili a quelli “classici”. Il debito, in questo caso, finisce nell’attivo del fallimento seguito dal curatore, ossia quella figura che, nominata dal tribunale attraverso la sentenza che dichiara per l’appunto il fallimento dell’impresa, amministra il patrimonio fallimentare, mette in atto quanto previsto dalla procedura, coopera con il giudice delegato e ne esegue i provvedimenti.

In genere, comunque, quando una finanziaria finisce in liquidazione, i contratti di prestito stipulati e non ancora restituiti in tutto e per tutto vengono ceduti a un’altra società, che dal canto suo può decidere di rilevare l’intera azienda fallita oppure di acquisire una parte o il totale del portafoglio clienti. Chi ha un contratto con la finanziaria riceve le indicazioni sulla nuova società alla quale versare il resto delle rate. E se questa impresa si compra il marchio, il cliente può continuare a pagare senza alcuna variazione rispetto al passato. Caso diverso se invece ci si è limitati a domandare un prestito che non è ancora stato accordato: qualora siate in questa situazione, non vi rimane che bussare alla porta di un’altra società finanziaria.

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