Sapevi che i prestiti scadono?
26 mar 2021 | 3 min di lettura | Pubblicato da Maria P.
Un debito, al contrario di un diamante, non è per sempre. Ne abbiamo parlato altre volte e forse ha senso tornare a parlarne oggi, in un momento in cui, stanti le difficoltà economico-finanziarie, a molti potrebbe venire da chiedersi: esiste un termine oltre il quale il creditore non ha più diritto a pretendere il rimborso del finanziamento che mi ha erogato?
Sì, certo che esiste: anche i debiti, infatti, conoscono prescrizione. Entrando nel vivo dei dettagli, possiamo cominciare col dire che il creditore ha tempo dieci anni per far valere il suo diritto a vedersi restituito il finanziamento.
Il decennio scatta – attenzione – non dalla firma del contratto, ma dalla scadenza dell’ultima rata non pagata, posto che il creditore, nel frattempo, non faccia assolutamente nulla per esercitare il suo diritto a vedersi restituire l’importo prestato più gli interessi.
Perché il prestito si prescrive dopo dieci anni?
Il termine dei dieci anni è stabilito sulla base dell’articolo 2.946 del codice civile, che regola la prescrizione ordinaria: l’articolo sancisce che “salvi i casi in cui la legge dispone diversamente, i diritti si estinguono per prescrizione con il decorso di dieci anni”.
Tutto è bene quel che finisce bene per il debitore, quindi? Non servono rinegoziazioni, moratorie con annesse richieste di sospensione dei versamenti, consolidamento debiti e via dicendo? Non è proprio così.
Smettere di dare al creditore quanto gli spetta e sperare nella prescrizione che presto o tardi arriverà è – a dir poco – un azzardo. Ma ve lo immaginate voi un creditore che se ne sta buono senza fare assolutamente nulla e lascia pacificamente passare dieci anni senza muovere foglia?
Improbabile, se non impossibile. Generalmente, infatti, il creditore ricorre a tutta una serie di iniziative per far rispettare il piano di rimborso del debito come concordato al momento della stipula del finanziamento.
Cosa può fare il creditore di fronte a una o più rate non pagate?
Un creditore che di fronte all’insolvenza del debitore non si fa sentire mai per ben dieci anni non è assolutamente la norma. Assai più probabile è invece che il creditore faccia pervenire i suoi solleciti di pagamento, cui segue l’applicazione delle penali previste dal contratto di finanziamento.
E se proprio il debitore da quell’orecchio non ci sente, allora il creditore può mettere in campo una società di recupero crediti, il cui intervento ha un costo anche per il debitore.
Al livello successivo di questo poco piacevole videogame può esserci la risoluzione unilaterale del contratto, con l’imposizione al debitore di rimborsare tutto subito, capitale e interessi.
Ancora nulla? E allora ecco i decreti ingiuntivi, con eventuale pignoramento dei beni.
Poi ci sono le segnalazioni ai Sic e alla Centrale Rischi
Il ritardato o mancato pagamento delle rate finisce nei Sistemi di informazioni creditizie e nella Centrale Rischi della Banca d’Italia. E dal momento che le società bancarie e finanziarie consultano questi database ogni volta che un consumatore si rivolge a loro per chiedere un finanziamento, eventuali “zone d’ombra” nel proprio passato creditizio possono pesare sulle chance di ottenere un nuovo prestito e sui costi per averlo.
Cosa può fare, quindi, un debitore in difficoltà?
In caso di difficoltà – lo abbiamo detto e lo ripetiamo – ha molto più senso ed è decisamente molto più corretto valutare una soluzione di consolidamento debiti, o una delle possibilità introdotte dalla legge sul sovraindebitamento del 2012, oppure una sospensione nell’ambito delle moratorie attivate a fronte dell’emergenza Covid in corso.
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