Prestiti: puntualizzazione UE sul recesso
22 mag 2020 | 3 min di lettura | Pubblicato da Maria P.
La Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha segnato un punto a favore del diritto di recesso, ribadendo i principi contenuti nella direttiva comunitaria che si occupa di credito al consumo. Lo ha fatto con sentenza del 26 marzo 2020, emessa nell’ambito della causa C-66/19. Ma andiamo dritti al punto: in sostanza, la Corte ha ribadito come tale direttiva vada interpretata. Partendo dal presupposto che “è opportuno che il mercato offra un livello di tutela dei consumatori sufficiente, in modo da assicurare la fiducia dei consumatori”, i contratti devono riportare in maniera chiara e concisa le modalità di calcolo del termine di recesso: non solo come funziona, ma anche da quando scatta il conto alla rovescia. E attenzione: questo obbligo d’informazione e trasparenza nei riguardi del consumatore non deve ritenersi soddisfatto se il contratto rimanda a una norma nazionale, la quale da parte sua rimanda a un’altra norma. In questo caso, infatti, al consumatore non è garantita la possibilità di verificare se il recesso al quale ha diritto ha cominciato o no a decorrere.
La direttiva comunitaria di riferimento è la 2008/48: uno dei passaggi chiave è quello che riguarda le informazioni da inserire necessariamente all’interno dei contratti di credito. Fra queste, l’esistenza o assenza del diritto di recesso e il periodo durante il quale questo diritto può essere esercitato, oltre alle condizioni per poterlo esercitare, incluse le informazioni sull’obbligo del consumatore di rimborsare il capitale e corrispondere gli interessi. È questa direttiva a stabilire che il consumatore ha 14 giorni di calendario per recedere dal contratto di credito senza dover dare motivazioni: una finestra temporale che prende il via il giorno in cui viene concluso il contratto di credito oppure il giorno in cui il consumatore riceve le condizioni contrattuali e le varie altre informazioni (se successivo a quello in cui è avvenuta la conclusione del contratto creditizio).
Nel nostro Paese la normativa si conforma a queste indicazioni, sancendo che cosa? Che entro 14 giorni dalla data della firma il debitore può recedere dal contratto di credito inoltrando una comunicazione al finanziatore, secondo le modalità che lo stesso finanziatore ha specificatamente indicato. Per recedere non deve fornire alcuna motivazione. E se nel frattempo ha ricevuto il finanziamento, anche solamente in parte? Allora succede che entro 30 giorni dalla comunicazione del recesso il debitore deve rimborsare l’importo che ha ricevuto e pagare gli interessi maturati fino al momento del rimborso stesso. Come ricorda Bankitalia nella sua guida al credito ai consumatori, “recedere dal contratto di credito significa recedere anche dai servizi accessori connessi, forniti dal finanziatore o da terzi, a meno che questi ultimi non provino che forniscono i servizi in via autonoma”, vale a dire al di fuori di un accordo con il finanziatore. Ma attenzione: anche il finanziatore può recedere, salvo che deve comunicarlo al consumatore con un preavviso minimo di due mesi. Può anche sospendere il credito, però deve esserci una giusta causa: per esempio, il sospetto furto della carta di credito. E deve darne prima comunicazione al consumatore.
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