Nuove regole in vista per il credito
21 mag 2021 | 3 min di lettura | Pubblicato da Maria P.
Sapete una cosa? Per l’approfondimento di questa settimana, abbiamo deciso di prendere le mosse da un articolo apparso di recente su MF-MilanoFinanza. Un articolo sul mercato del credito, ovviamente, che fa il punto sui temi emersi nel corso di un incontro dell’UFI, l’Unione Finanziarie Italiane, associazione che raduna attorno a sé tutti gli attori del comparto creditizio.
E dunque intermediari finanziari, istituti bancari, compagnie assicurative operanti nel credito al consumo, intermediari del credito (agenti in attività finanziaria e società di mediazione creditizia).
L’evento formativo ha avuto per oggetto le criticità e le prospettive di riforma della direttiva europea sui contratti di credito ai consumatori.
Prospettive di riforma? Sì, certo: l’Europa sta già da tempo lavorando alla revisione della direttiva 2008/48/CE, che riguarda appunto i contratti di credito ai consumatori. Sul web la potete trovare menzionata con il suo nome in lingua inglese, ovvero Consumer credit directive (o Ccd).
La riforma potrebbe essere in dirittura d’arrivo, con approdo entro il secondo semestre del 2021 e adozione da parte dei Paesi membri entro fine 2022. Un decennio e più dopo il decreto legislativo che in Italia recepì la direttiva del 2008.
Cosa prevede la versione attuale della direttiva europea?
Al centro, come accennato, ci sono i contratti di credito ai consumatori.
Tredici anni fa, questa direttiva introdusse tutta una serie di obblighi a carico degli operatori del credito al consumo, obblighi riguardanti le informazioni, pubblicitarie e precontrattuali, da fornire all’utente per consentirgli di individuare l’offerta per lui/lei più conveniente.
Fu proprio questa direttiva a dare forma al modulo standard uguale per l’intera Unione europea: stiamo parlando del modulo Secci, sulla Standard european consumer credit information, di cui la direttiva mise in chiaro il contenuto.
Il modulo avrebbe dovuto specificare tipo di credito, identità e indirizzo del creditore, ammontare complessivo del credito e condizioni, durata del contratto, Tasso annuo effettivo globale (il ben noto Taeg), somma totale che il consumatore è chiamato a corrispondere e importo, numero e periodicità dei pagamenti.
Altro tema chiave riguardò il diritto del consumatore di recedere dal contratto entro due settimane senza doversi giustificare e di procedere all’estinzione anticipata di quanto dovuto.
La direttiva riconobbe anche, sempre in capo al creditore, l’obbligo di verificare il merito creditizio del consumatore, incoraggiandone una maggiore consapevolezza circa le sue possibilità.
Il merito creditizio, ovviamente, va passato al vaglio prima di procedere all’erogazione del credito, sulla base delle informazioni trasmesse dal consumatore e di quelle reperite attraverso le apposite banche dati. Questo, dunque, il punto di partenza della revisione. Ma quale sarà il punto di arrivo?
La riforma che verrà, tra sfide tech e mercato in evoluzione
In Italia, a dare attuazione alla direttiva 2008/48/CE fu il decreto legislativo 141/2010, recante anche “modifiche del titolo VI del Testo unico bancario in merito alla disciplina dei soggetti operanti nel settore finanziario, degli agenti in attività finanziaria e dei mediatori creditizi”. Un testo che necessitò di “ulteriori modifiche e integrazioni”, apportate poco dopo dal decreto legislativo 169/2012.
Alla base della riforma che ebbe luogo oltre un decennio fa ci fu l’esigenza di mettere ordine in un settore che all’epoca contava più di 180mila intermediari del credito.
Oggi, invece, occorre una nuova evoluzione normativa per meglio affrontare le sfide dell’innovazione tecnologica e della sempre più marcata convergenza tra prodotti.
Non è solo questione di forma: è una questione che attiene alla sostanza della tutela del consumatore. Una tutela che evidentemente, secondo il legislatore europeo, deve ulteriormente rafforzarsi.
Staremo a vedere. E, naturalmente, ve ne daremo conto.
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