Alla (ri)scoperta del prestito su pegno
5 giu 2020 | 3 min di lettura | Pubblicato da Maria P.
L’emergenza sanitaria legata alla pandemia di Covid-19, con le conseguenze economiche e sociali che sta comportando, sembra aver impresso una spinta ai prestiti su pegno: lo ha segnalato il gruppo Affide, che i primi di maggio ha riportato un aumento del +30% delle operazioni rispetto al periodo precedente al lockdown, fra rinnovi delle polizze e nuovi clienti sul territorio nazionale. Ma quali sono i numeri del prestito su pegno, in Italia? Secondo la stima di Assopegno, ogni anno nel nostro Paese fra le 270mila e le 300mila persone fanno ricorso al prestito su pegno, determinando un giro d’affari che in totale si aggira attorno agli 800 milioni di euro, a fronte di un taglio medio del finanziamento di circa mille euro. La quasi totalità dei beni dati in pegno – il 95%, per la precisione – viene riscattato, mentre il restante 5% alla fine va all’asta. Ma cos’è il prestito su pegno e come funziona? Cominciamo col dire che il pegno rientra tra le garanzie utili a tutelare il finanziatore nel caso in cui il cliente non riesca a rimborsare il prestito che ha ottenuto. Tali garanzie possono essere reali e personali: ed è proprio tra le prime che si colloca il pegno.
Il prestito su pegno garantisce finanziamenti di ammontare contenuto: per dirla in breve, il cliente consegna alla banca o alla finanziaria un bene materiale – tipicamente un prezioso, come un gioiello, ma non solo – e per contro incassa del denaro. Trascorso il periodo di tempo concordato, può rientrare in possesso dell’oggetto rimborsando il capitale ottenuto in prestito – che corrisponde alla stima del valore del bene effettuata dal creditore, generalmente inferiore al suo valore di acquisto – sommato agli interessi e alle eventuali spese. Come accennato, generalmente diventano oggetto di pegno beni di pregio, in oro o in argento e/o con pietre preziose, ma in alcuni casi anche pellicce, quadri e tappeti. Il bene prezioso, di qualsiasi natura esso sia, rimane di proprietà di colui o colei che lo impegna: la società che ha erogato il finanziamento su pegno si limita a custodirlo. Poi, al termine del periodo concordato, il proprietario del prezioso può decidere se riscattarlo o mandarlo all’asta. In alternativa, può prolungare il finanziamento.
L’istruttoria è molto veloce: oltre al prezioso, per ricevere il finanziamento occorrono solamente documento d’identità e codice fiscale. In quell’occasione, il creditore rilascerà al debitore una polizza con l’indicazione della data del riscatto – ovvero del giorno a partire dal quale potrà rientrare in possesso del bene – e degli interessi da versare. Quanto dura il pegno? Da tre mesi a un anno. Come detto, alla scadenza della polizza il cliente può rientrare in possesso del bene, ridando indietro quanto ha ricevuto in prestito con tanto di interessi, oppure, se non riesce a procedere al riscatto, lasciare il bene al creditore, che lo metterà all’asta trascorsi 30 giorni dalla scadenza della polizza. Se il bene viene venduto a un prezzo superiore alla somma dovuta alla società creditizia – con tanto di interessi, commissioni e diritti d’asta – all’ex proprietario spetterà la differenza.
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