Col Taeg non si scherza
28 feb 2025 | 3 min di lettura | Pubblicato da Maria P.

Torniamo sull’annosa questione degli obblighi informativi che le banche devono rispettare nell’ambito dei contratti di credito al consumo di cui ci occupiamo in questo spazio. Ebbene, nella recente sentenza emessa in riferimento alla causa C-472/23, la Corte di Giustizia UE si è espressa sull’inosservanza di tali obblighi, in particolare in materia di Taeg e di spese del contratto di credito.
Gli obblighi informativi alla luce della direttiva europea
La Corte ha messo in chiaro che, in presenza della violazione di un obbligo informativo che mina la capacità del consumatore di mettere correttamente a fuoco l’entità dell’impegno che va ad assumersi, la banca può perdere il diritto agli interessi e alle spese. Il consumatore, per contro, acquisisce il diritto alla restituzione delle relative somme.
Per argomentare la sua precisazione, la Corte di Giustizia UE si rifà alla direttiva europea 2008/48/CE, sui contratti di credito ai consumatori. E mette una serie di paletti davvero molto interessanti.
Per esempio, la presenza nel contratto di credito di un Tasso annuo effettivo globale (Taeg) che si rivela sovrastimato – perché alcune clausole di questo contratto vengono in seguito giudicate abusive, e per questo non vincolanti per il consumatore – costituisce di per sé una violazione dell’obbligo di informazione indicato nella direttiva 2008/48? Vi stupirà, ma no.
Quei contratti che sembrano trasparenti ma non lo sono
Al contrario, un contratto di credito che elenca un tot di circostanze tali da giustificare un rialzo delle spese legate all’esecuzione del contratto stesso non è necessariamente un documento trasparente: non lo è se “un consumatore normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto” non è in grado di verificare “la loro insorgenza e la loro incidenza su tali spese”.
Questa sovrabbondanza di informazioni – tante, ma non proprio agilissime da riscontrare – rappresenta una violazione dell’obbligo di informazione perché non mette il consumatore nelle condizioni di farsi un’idea chiara sulla portata dell’impegno che è in procinto di assumersi.
E la normativa nazionale può mettere becco in tutto ciò? Sì, c’è spazio per una normativa nazionale che, in caso di violazione dell’obbligo di informazione, preveda una sanzione uniforme, che consta nel sottrarre al creditore il diritto agli interessi e alle spese, “indipendentemente dal livello di gravità individuale di una simile violazione, a condizione che tale violazione sia idonea a compromettere la possibilità del consumatore di valutare la portata del suo impegno”.
Il Taeg va sempre indicato con assoluta chiarezza
Quindi, ricapitolando: il Taeg va indicato con assoluta chiarezza. Ma quest’obbligo si può dire soddisfatto se il Tasso annuo effettivo globale è calcolato in base al costo totale del credito per il consumatore, il quale include anche i costi che il consumatore deve corrispondere in applicazione delle varie clausole del contratto, tenendo conto anche di quelle che poi risultano abusive e non vincolano il consumatore.
Il contratto di credito deve riportare, in maniera trasparente e comprensibile, le condizioni in cui le spese connesse alla sua esecuzione possono subire modifiche: se il contratto si basa su indicatori che il consumatore difficilmente riuscirà a verificare, ebbene, questo può violare gli obblighi di informazione che invece la banca deve rispettare.
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